idroscalo


Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…

Una scorsa estate un’amica mi portò (è il caso di dire che mi trascinò, quasi) a ostia, in piena estate, la sera.
Io non vado mai al mare di giorno, figuriamoci di sera.
Mi dice: ti porto a vedere il nuovo porto. E’ impossibile che tu non ci sia mai andato.
Ah dico… va beh… andiamo a vedere il porto.
Gironzolare per moli mi è sempre piaciuto. Oddio… mi girano sempre un pò i maroni a vedere quelle barche che costano centinaia di migliaia di euro e le facce che ci stanno sopra.
Però mi piace l’aria che si respira, l’odore della benzina, delle vernici; i rumori delle corde che si tendono, lo sbattere dei parabordi. Un’altra vita avevo anche idea di lavorarci in questo campo. Presi la patente nautica, volevo fare lo skipper. Ma questa è un’altra storia.
Insomma andiamo al porto.
Quando arrivo lì capisco che il porto altro non è che un centro commerciale a cielo aperto, con un caldo micidiale, e una cocacola piccola a cinque euro al tavolo.
Tanta gente che gira attorno, si guardano a vicenda, o si fanno vedere a vicenda, per meglio dire.
Negozietti di robaccia.
A essere qui mi sento come allo zoo. Mi guardo attorno con sguardo da etologo.
La tipa che mi ha portato qui è perfettamente a suo agio. E fa anche la sua notevole figura.
Se qualcuno ci osservasse, ma dubito che a qualcuno interessi farlo come coppia, al limite guardano lei, penserebbe che siamo male assortiti. E avrebbe ragione.
Vabbè ormai siamo qui. E per un po’ tanto vale restarci. Il tempo di bere qualcosa e lasciare l’obolo.
Poi camminiamo, chiacchierando, verso la macchina.
Quando siamo all’ingresso, vedo su un praticello, su una stele, una scultura. Mi pare familiare e mi avvicino a leggere.
E’ il monumento a Pier Paolo Pasolini.
Improvvisamente mi rendo conto che anni fa questo monumento era nel prato dove Pasolini era stato ucciso. All’idroscalo di Ostia. Ma allora, quando lo vidi, era un prataccio di periferia. Gomme di camion, monnezza, buste, pezzi di ferro e di legno, giocattoli rotti, bacinelle, secchi, lattine vuote e bottiglie… a fargli compagnia. Come in ogni prato di periferia. Squallido e così normale "nei luoghi sconfinati dove credi che la città finisca, e dove invece ricomincia, nemica, ricomincia…".
Ora invece è qui:
(brano da un intervista trovata in rete)
Dott. Ferace, perché il Porto di Roma piace così tanto?
“Il Porto ha un forte appeal sia per quanto riguarda il cinema e la televisione , in questo momento stanno registrando una nuova serie di “Distretto di polizia”, sia per quanto riguarda la commercializzazione di aziende, prodotti, marchi. Chi entra può contare su una serie di valori aggiunti: una location che si presta bene, può piacere o no, ma nel 90 per cento dei casi è ritenuta gradevole, lunghissimi porticati, uno stile architettonico molto marcato, grandi e piccole imbarcazioni che si sviluppano lungo un chilometro di pontili e un centro commerciale dove non manca niente: servizi, banche, poste, bar, ristoranti, tabacchi,un supermercato, un cantiere navale, agenzie di viaggi, ecc. Abbiamo anche un sistema di rilevazioni dei transiti pedonali, operativo dal 2001, che conta, letteralmente, tutte le persone che entrano e sono in media 4 milioni l’anno. Per chi, in vece vuole far promozione disponiamo di ben 4 aree espositive di particolare pregio: una fronte spiaggia di 3.000 metri quadri, dove alcuni anni fa la Bmw ha fatto il lancio della Mini e una un po’ più intima in cui concentriamo piccole: è la piazzetta dello Yachting Club che è di 400 mq complessivi e si trova in un area più protetta rispetto al piazzale fronte spiaggia. Poi abbiamo un’altra area, di circa 1500 metri, vicino all’ingresso sud, dove organizziamo eventi più di medio livello, e, in fine, è di prossima inaugurazione un anfiteatro, che può ospitare 700 persone, a cui sarà annessa una nuova area espositiva”.


E ora invece è qui, all’ingresso del porto di ostia centro commerciale, visto-ignorato da migliaia di persone ogni giorno.
Persone che nella maggior parte non sanno chi fosse Pasolini, se non vagamente, nella cultura che sta diventando dominante, in questa Roma intollerante e meschina, un frocio. Un frocio comunista, per di più.

Quello che avrebbe potuto dire, oggi, Pasolini, a guardare questa deriva che abbiamo preso da decenni, così ben descritta molto ma molto prima che se ne iniziassero a vedere i sintomi più appariscenti. A vedere questa gente che gli passa accanto, qui dove lo hanno ammazzato, il 2 novembre del 75, mentre cercava la vita. Quella vita che lui assorbiva e ci restituiva filtrata: da un guazzabuglio di emozioni a parole; che congelate in un linguaggio strutturato ridiventano pathos, sciogliendosi nella mente del lettore, forte come la sensazione che l’ha generato.

Ci manca, quello che avrebbe potuto dire. Ma è tanto quello che ha lasciato.

Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogan mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano; il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione) non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre. (dal Corriere della sera, 9 dicembre 1973)

Che cos’è che ha trasformato i proletari e i sottoproletari italiani, sostanzialmente, in piccolo borghesi, divorati, per di più, dall’ansia economica di esserlo? Che cos’è che ha trasformato le «masse» dei giovani in «masse» di criminaloidi? L’ho detto e ripetuto ormai decine di volte: una «seconda» rivoluzione industriale che in realtà in Italia è la «prima»: il consumismo che ha distrutto cinicamente un mondo «reale», trasformandolo in una totale irrealtà, dove non c’è più scelta possibile tra male e bene. Donde l’ambiguità che caratterizza i criminali: e la loro ferocia, prodotta dall’assoluta mancanza di ogni tradizionale conflitto interiore. Non c’è stata in loro scelta tra male e bene: ma una scelta tuttavia c’è stata: la scelta dell’impietrimento, della mancanza di ogni pietà.

 

Ma nei rifiuti del mondo, nasce
un nuovo mondo: nascono leggi nuove
dove non c’è più legge; nasce un nuovo
onore dove onore è il disonore…
Nascono potenze e nobiltà,
feroci, nei mucchi di tuguri,
nei luoghi sconfinati dove credi
che la città finisca, e dove invece
ricomincia, nemica, ricomincia
per migliaia di volte, con ponti
e labirinti, cantieri e sterri,
dietro mareggiate di grattacieli,
che coprono interi orizzonti.