Il grosso problema del debito privato.


La corruzione e i costi della politica, le opere inutili, l’inefficienza. Sono tutti problemi veri e reali della società italiana. Ma non sono la causa della crisi in cui ci troviamo.

Sono dati in qualche misura endemici,  acuitisi nella condizione pre crisi.

Intervenire su questi aspetti è importante. Essenziale direi. Come una buona revisione di una macchina prima di rimetterla in moto. Perché una volta in moto non consumi troppo, sia silenziosa, efficiente, sicura.

Ma prima occorre rimettere in moto la macchina. C’è bisogno di una spinta e di carburante.

Il carburante in una economia è la liquidità. I soldi.

Quello che ha fermato la macchina è la mancanza di liquidità.

Quando si parla di debito pubblico come del grande problema dell’italia e non si menziona il debito privato, si fa un’opera di grossolana disinformazione, pericolosissima, perché fa credere che basti tagliare i costi dello Stato per far riavviare l’economia. E non è così. E’ esattamente il contrario.

Certo, il debito pubblico deve essere tenuto sotto controllo, chi lo nega? Ma qualche problemino c’è. Ad esempio… sicuri che il debito pubblico sia la causa della crisi? I dati lo smentiscono. All’inizio della crisi (2007), su cinque paesi colpiti tre avevano il debito pubblico in calo (Irlanda, Italia e Spagna), uno lo aveva stazionario (Grecia) e solo il Portogallo lo aveva in crescita, su valori che oggi farebbero invidia alla Germania. Situazioni differenziate, ma in nessun caso particolarmente preoccupanti. Qui arriva di solito quello furbo, che ti dice: “Sì, va bene, prima della crisi il debito pubblico italiano si è ridotto (di 10 punti di Pil), però era alto!”.

D’accordo, ho capito che era alto, lo so! Ma lo era stato (e molto di più) per vent’anni! E allora perché mai la crisi sarebbe dovuta scoppiare proprio mentre scendeva? A questa replica qualcuno tira fuori l’argomento risolutore: “La colpa è di Berlusconi”! Un argomento che andava ancora bene per i gonzi a settembre, ma che dopo qualche mese di spread a 500 anche loro valutano ormai per quello che vale: zero.

Una risposta meno insulsa viene da un altro dato comune alle cinque economie in crisi: dall’entrata nell’euro (1999) allo scoppio della crisi (2007) in ognuna di esse era esploso il debito privato, con aumenti dai 31 punti di Pil (Italia) ai 98 punti di Pil (Irlanda e Spagna). Quella che ora i mezzi di disinformazione di massa presentano come crisi bancaria causata da una crisi del debito pubblico, nei dati si presenta in modo opposto: la crisi di debito pubblico è causata dal dissesto finanziario del settore privato attraverso gli interventi di salvataggio delle banche con soldi pubblici, e attraverso il crollo dei redditi privati e quindi delle entrate fiscali. Casta, corruzione, evasione sono certo da combattere, ma con questa dinamica c’entrano poco.

C’entra invece la strategia di espansione del capitalismo del Nord, che ha favorito lo smaltimento della propria sovrapproduzione inondando di liquidità i mercati del Sud, onde facilitare l’accesso al credito di famiglie e imprese. Lo dimostrano i dati sul debito estero netto: le prime economie colpite sono quelle nelle quali il debito estero è aumentato di più (70 punti di Pil in Grecia, 68 in Irlanda…), e il principale creditore era la Germania (il cui credito estero netto è simmetricamente aumentato di 25 punti di Pil).

Un bel giochetto (ti presto i soldi così mi compri i miei beni), simile a quello che la Cina gioca con gli Stati Uniti: sarebbe potuto durare più a lungo se da oltre Oceano non fosse arrivato lo shock del fallimento Lehman. Questo ha costretto le banche alemanne a rientrare dalle loro esposizioni, facendo, come nella miglior tradizione locale, la voce grossa coi più deboli: i Pigs. Il resto lo ricordiamo tutti. Le politiche di austerità, in questo contesto, non possono che peggiorare la situazione, mettendo in ulteriore difficoltà le famiglie e le imprese che devono rimborsare i propri debiti (privati).  ( Bagnai 3 agosto 2012, Il Fatto Quotidiano)

Vi ricordate i primi anni del 2000, il boom del credito al consumo? Si comprava di tutto di più a rate. Dalle case ai beni di consumo più futili. C’era il boom del mercato immobiliare. Ti offrivano mutui al 100% del valore, – a volte anche di più – per 40 anni. Tutti potevano comprare casa, sembrava. E infatti tutti volevano comprarsela, e ovviamente per eccesso di domanda i prezzi della case esplosero, triplicarono, quadruplicarono.

Oggi i devoti al dio Euro ci dicono che “per anni abbiamo goduto di tassi bassissimi” . E’ vero. Il denaro ce lo hanno regalato, per anni.

Con quel denaro infatti compravamo la loro merce. Con i capitali tedeschi compravamo Bmw, Mercedes, Volkswagen. Con quelli francesi Renault e Peugeot. Nell’industria, nella grande distribuzione, nella finanza, nel credito al consumo, entrarono sul mercato italiano grandi gruppi stranieri.

Ti davano la merce e il denaro per comprargliela.

E questo comportava un periodo di vacche grasse, con grande affluenza di liquidità verso le casse delo stato. E quindi, anche grande possibilità di corruzione. Nessuna necessità di efficienza.

Nel 2008 la crisi dei mutui subprime e il botto della Lehman Brothers ha innescato una crisi mondiale. I finanziatori hanno chiuso i cordoni della borsa.  C’è stato questo stop improvviso e l’economia ha iniziato a fermarsi.

Ora bisogna chiarire un punto: nel capitalismo, non c’è nulla di male a prendere denaro in prestito. Lo prendi, lo fai fruttare con l’attività imprenditoriale, lo restituisci ad un tasso ragionevole con gli utili della tua attività.

Ma se improvvisamente i tuoi utili diminuiscono e contemporaneamente aumentano le tasse sul tuo lavoro, tu sei fregato. Il prestito non riesci più a restituirlo.

Ad un’impresa se mancano i soldi è come se mancasse l’aria. La banca, essa stessa, con cento, mille, centomila clienti nelle medesime condizioni, va in sofferenza. Non riesce a sopperire. Chiude i cordoni, chiede di rientrare. Le aziende chiudono, muiono come mosche.

Ovviamente questo aumenta la disoccupazione, diminuisce i redditi. Alimenta il circuito della recessione.

La crisi del debito è crisi del debito privato. Non di debito pubblico!

Ci sono migliaia di aziende in italia che con diminuizioni notevoli di fatturato e di utili non riescono rifinanziarsi. Anche avendo alle spalle una certa solidità patrimoniale in questo momento non possono smobilizzare dato che il mercato immobiliare è fermo.

Anche avendo patrimoni immobiliari ammontanti a molte volte il debito non è possibile monetizzare. E così nel frattempo il debito aumenta per gli interessi bancari e per interessi e sanzioni su tasse che si è impossibilitati a pagare.

Ovviamente, per inciso, in questa situazione la forbice fra ricchi e resto del paese va aumentando a dismisura, perché avendo liquidità oggi puoi comprare ad un tozzo di pane.

Quello che mi fa paura è che nessuno fra le forze politiche ha in programma di fare qualcosa in tal senso.

Quello del credito alle imprese è un problema fondamentale. Imprese sane, che lavorano bene, con una certa solidità patrimoniale, è assurdo che siano strozzate in un vicolo cieco dalla mancanza di liquidità.

La ripresa non può che partire che dal basso, grazie a robuste iniezioni di liquidità, ovvero facilitando l’accesso al credito.

Io sono un imprenditore che sta vivendo esattamente questo problema. Come cittadino sento fare tante proposte, e quella che per me è più convincente è l’uscita controllata dall’euro. Ma è nel medio periodo.
Nel breve saremo tutti morti.

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