Finirà che i poteri forti appoggeranno Grillo?


Il Financial Times dichiara che “Monti non è l’uomo giusto per guidare l’Italia”.

Un articolo molto lucido sulla situazione politica italiana.

La crisi finanziaria sta diminuendo in Italia, ma quella economica è in crescita. Difficilmente c’è stato un giorno senza notizie del peggioramento della stretta creditizia, del calo dell’occupazione, del consumo, della produzione e della fiducia delle imprese. Ancora una volta, un governo europeo ha sottovalutato il prevedibile impatto dell’austerità. Dopo un decennio in cui la crescita non c’è praticamente stata, l’economia italiana si attarda in una recessione lunga e profonda.

Come gli altri paesi meridionali della zona euro, l’Italia si trova di fronte a tre opzioni. La prima è quella di rimanere nell’euro e accollarsi da sola il peso di una piena regolazione, sia da un punto di vista economico, in termini di costi del lavoro e inflazione, sia da un punto di vista fiscale. La seconda opzione è di rimanere nella zona euro, subordinata a un piano condiviso tra paesi creditori e debitori. La terza opzione è di lasciare l’euro. I successivi governi italiani hanno provato una quarta opzione: restare nell’euro, concentrarsi a breve termine solo sul risanamento dei conti pubblici, e attendere.

Poiché sappiamo dalla storia economica come certe storie vanno a finire, l’opzione quattro alla fine ci riporta alle opzioni uno, due o tre. La mia preferita sarebbe stata la seconda: rendere l’appartenenza all’euro subordinata a una regolazione simmetrica. Ma Mario Monti, il primo ministro italiano, non si è opposto ad Angela Merkel. Egli non ha detto al cancelliere tedesco che l’impegno costante del suo paese con la moneta unica avrebbe dovuto dipendere da un’adeguata unione bancaria e da politiche economiche più espansionistiche di Berlino.

Nella sua intervista con il Financial Times della scorsa settimana, Mariano Rajoy, il primo ministro spagnolo, ha chiesto la regolazione simmetrica – ancora una volta un po’ in ritardo, visto che la Germania ha già programmato un bilancio di austerità per il 2014. Con tutte le decisioni politiche già prese, le possibilità di una regolazione simmetrica stanno lentamente diminuendo.

Pertanto, che deve aspettarsi l’Italia dalle elezioni del prossimo mese? Da primo ministro, Monti ha promesso riforme e ha finito per aumentare le tasse. Il suo governo ha cercato di introdurre modeste riforme strutturali che si sono rivelate insignificanti a livello macroeconomico. Dopo aver iniziato come leader di un governo tecnico, si è rivelato un politico. Ha detto di aver salvato l’Italia dal baratro, o meglio da Silvio Berlusconi, il suo predecessore. Un calo dei rendimenti obbligazionari gli ha fatto gioco per sostenere questa tesi, ma la maggior parte italiani sanno che lo devono ad un altro Mario: Draghi, il presidente della Banca centrale europea.

A sinistra, Pier Luigi Bersani, segretario del Partito Democratico, ha sostenuto l’austerità, ma ha recentemente cercato di prendere le distanze da tali politiche. E’ stato anche più esitante sulle riforme strutturali. I temi principali della sua campagna sono una tassa sul patrimonio, la lotta contro l’evasione fiscale, contro il riciclaggio di denaro e in favore dei diritti dei gay. Lui dice che vuole l’Italia rimanga nella zona euro. C’è una possibilità, anche se marginale, che possa avere più successo nel battersi contro la Merkel perché è in una posizione migliore per collaborare con François Hollande, il presidente francese, socialista come lui.A destra, l’alleanza tra Berlusconi e la Lega Nord è ancora indietro nei sondaggi, ma sta facendo progressi. Finora, l’ex primo ministro ha fatto una buona campagna elettorale. Ha espresso chiaramente il suo messaggio anti-austerità facendo breccia su un elettorato disilluso. Inoltre continua a criticare la Germania per la sua riluttanza ad accettare un euro-bond e a consentire alla BCE di acquistare obbligazioni italiane incondizionatamente.

Si potrebbe interpretare questo atteggiamento come l’opzione due: insistere sulla regolazione simmetrica o uscire. Conosciamo Berlusconi fin troppo bene, però. È stato primo ministro per un tempo sufficiente per mettere in pratica questa strategia, ma non l’ha fatto. Per diventare credibile, dovrebbe proporre una chiara strategia che delinei le scelte nel dettaglio. Tutto quello che abbiamo ora sono slogan televisivi.

A giudicare dagli ultimi sondaggi, il risultato elettorale più probabile porterebbe a una paralisi, magari sotto forma di una coalizione di centro-sinistra Bersani-Monti, probabilmente con un maggioranza di centrodestra al Senato, dove le regole di voto sono diverse. Ciò lascerebbe tutti, più o meno, in carica. Nessuno avrebbe il potere di attuare una politica determinata. Ognuno avrebbe il diritto di veto.

Se così fosse, l’Italia continuerà a fingere di aver scelto di rimanere nell’euro, ma senza creare le condizioni per renderne l’adesione sostenibile. Nel frattempo, mi aspetterei che emergesse una forza politica anti-euro che probabilmente prenderebbe una maggioranza assoluta nelle elezioni successive o che si innescasse una crisi politica, con lo stesso effetto.

Quanto al signor Monti, la mia ipotesi è che la storia gli consegni un ruolo simile a quello svolto da Heinrich Brüning, cancelliere della Germania dal 1930 al 1932. Anche lui era il prodotto della convinzione che non ci fosse alternativa all’austerità.
L’Italia ha ancora delle scelte a disposizione. Ma deve farle.

Fin qui il Financial Times. Al che c’è stata una levata di scudi da parte di vari commentatori: “Ma come!? Monti, l’uomo dei poteri forti, sconfessato addirittura dal FT? Lo vedete, stupidi complottisti, che vi sbagliavate?  Inopinatamente, il contenuto dell’articolo non viene discusso praticamente da nessuno, però si prende spunto da esso come dimostrazione che Monti è un uomo pulito, non al servizio della grande finanza internazionale, indipendente.

Lasciamo stare. Mi ricordo però quello che scriveva alcuni mesi fa su “Il tramonto dell’euro” Alberto Bagnai:

Il suicidio economico collettivo di un intero continente, se pure venisse accettato dai suoi abitanti, orwellianamente condizionati dai mezzi di informazione, verrebbe comunque rifiutato dai mercati. Questi manifestano un nervosismo sempre maggiore di fronte alle politiche di austerità praticate dai vari garzoni di bottega, che il grande creditore teutonico ha inviato in giro per l’Europa a riscuotere i sospesi. Il pragmatismo anglosassone dei mercati capisce che una volta ridotta l’Europa a un deserto economico, non ce ne sarebbe più per nessuno, avrebbero perso tutti, soprattutto i creditori. L’intransigenza di stampo “leghista” della cancelliera Merkel, foriera di tensioni internazionali, viene criticata da tempo anche all’interno del suo stesso Paese. “Non è una donna molto intelligente”, dichiarava già nel 2010 l’ex cancelliere Helmut Schmidt all’Handelsblatt, sostenendo come la politica della Bundesbank, alla quale la Merkel rigorosamente si conformava e tuttora si conforma, fosse sostanzialmente contraria alla logica dell’integrazione europea, e come il mercantilismo, la politica economica basata sul perseguimento del surplus estero a tutti i costi, fosse, nel lungo periodo, fallimentare. Dopo più di dieci anni, al lungo periodo, e quindi al fallimento, possiamo dire di esserci arrivati.

Fin quando la crisi ha messo in ginocchio il piccolo mercato della Grecia, poco male. Ma ora che i consumi calano drasticamente in mercati come l’Italia e la Francia, gli operatori finanziari si preoccupano. In particolari gli operatori anglosassoni, che già premono da un po’ di tempo per una ridefinizione del mercato unico. Quello che prima andava bene allegramente ora non va più bene.

Finirà che i poteri forti appoggeranno Grillo?

E’ una sciocchezza, ovviamente, scusate ma mi serviva per il titolo. Però questa forza antieuro che vaticina il commentatore, allo stato attuale, o è Berlusconi, liberato da qualche pastoia di non poco conto, con una svolta netta in quel senso, mentre finora è stato abbastanza ondivago, oppure è Grillo. Ma non è esclusa una convergenza oggettiva, in caso di referendum.

Ne vedremo delle belle, nel breve periodo. Nel lungo, come si sa, saremo tutti morti.