#9dicembre elenco aggiornato presidi coordinamenti e sit in in tutta #italia


Notizie Dal Mondo

CHIUNQUE VOGLIA PARTECIPARE SA DOVE POTERLO FARE… (per visualizzare tutto l’elenco clicca su VISUALIZZA ALTRO)

https://www.facebook.com/events/559316560820255/?fref=ts

DIFFONDERE!!!
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ELENCO PRESIDI (in ordine alfabetico, IN CONTINUO AGGIORNAMENTO):

-ALESSANDRIA. DAL 9 DICEMBRE AD OLTRANZA, PRESIDIO IN PIAZZA DELLA LIBERTA’, ALESSANDRIA.

https://www.facebook.com/events/472902002822721/?ref_newsfeed_story_type=regular

Gruppo coordinamento Alessandria: https://www.facebook.com/groups/544116589016116/
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-ANCONA. Sit-in in Piazza della Repubblica, Ancona, dalle ore 8.00 alle ore 20.00, dal 9 Dicembre.

Gruppo coordinamento Ancona: https://www.facebook.com/groups/428137290621120/
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-AREZZO. Da Lunedì 9 Dicembre, ore 7.00, fino al 16 Dicembre.
Il presidio è previsto in piazza Dante, con corteo che parte dal piazzale stazione alle 07.30.

https://www.facebook.com/events/668273569861875/?previousaction=join&source=1

Gruppo coordinamento Arezzo:
https://www.facebook.com/groups/1415930598640051/
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-ASCOLI PICENO.
Il Presidio dei cittadini del Coordinamento Ascoli/ San Benedetto Del Tronto sarà presso S.S. 16-Via Pasubio,99
[all’altezza del Ponte Fiume Tronto (ditta Satem)]
dalle 8.00 alle 20.00, dal 9 dicembre.

https://www.facebook.com/events/1421564354743727/?ref_newsfeed_story_type=regular

Gruppo coordinamento Ascoli Piceno / San Benedetto del Tronto:https://www.facebook.com/groups/1487136354844398/?fref=ts
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ASTI. Presidio, volantinaggio e azione di rallentamento del…

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SIAMO IN GUERRA MA NON LO VOGLIAMO AMMETTERE


Pensare Liberi News

UNA PICCOLA RIFLESSIONE SULLA RESPONSABILITA’ E SULLE CATTIVE ABITUDINI

WAR! 2

Quando ti tolgono il pane dalla bocca, a te e ai tuoi figli, quando ti sembra di soffocare e non ti lasciano prendere fiato e – anzi – ti tolgono ancora più aria, allora vuol dire che sei in guerra. Si, sei in stato di guerra. Una guerra che non ti è mai stata dichiarata ufficialmente perché non c’è interesse che tu ne sia consapevole. Guerra. E’ una parola pesante ? Sicuramente non lo è per chi ti ha mosso guerra contro te e i tuoi figli e la tua terra. Per LORO è normale. Però, se tu vai a …”protestare” allora ti dicono che devi stare attento, a quello che dici e come lo dici e a chi lo dici. Tu non te ne rendi conto, ti sembra troppo pensare di essere in guerra, un’esagerazione, una cosa troppo brutta e…

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Voci di rivoluzione


Un collage di video e articoli. Ci si interroga su una questione che diventa sempre più eclatante. Il divario fra la gente comune e l’elite,  il sistema che sta generando un divario sempre più violento, le strutture finanziarie che lo determinano e quelle politiche che lo difendono.

La questione è globale. Anche se in alcune aree – noi lo sappiamo bene e i greci ancora meglio – il problema è più sentito che altrove.

Diversi approcci al problema: quello dell’attore Russel Brand ha suscitato sensazione, alcune settimane fa, quando ha parlato di quello che molti pensano, di rivoluzione e del fallimento della democrazia e del voto.

Gli risponde dalle colonne del Telegraph, Ambrose Evans-Pritchard

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Le strade sono chiuse.


Ogni volta che mi accingo a scrivere qualcosa la sensazione di inutilità mi fa desistere. Qualche commento en passant lo affido allo status di facebook o a twitter o al forum. Qualche link o, se mi viene, una battuta, il più delle volte amara, sarcastica.

Non è più nemmeno il tempo dell’indignazione o dell’allarme. Chi voleva capire ha capito. Chi non ha capito è perché non ha interesse a capire o non ci arriva proprio.

Se chi ha capito non fa niente è perché non si può far niente. Aldilà di parlare, di scrivere, di indignarsi, di creare innumerevoli gruppi su facebook o nei blog, di incontrarsi nei convegni, di scambiarsi documenti, non si può fare niente. Il potere ha preso le sue contromisure e risulta largamente impermeabile ad ogni tipo di critica.

Ormai è evidente che non questione di stupidità o incapacità, di diversa scuola macroeconomica o impostazione ideologica.  Non vedere in che stato le politiche economiche imposte dall’€uropa e dai governi che si sono succeduti stanno riducendo il paese dimostra il perseguimento di un disegno, chiaro quanto criminale.

Questo disegno è stato pensato e dispiegato nel tempo. L’€uro è stato ed è uno strumento essenziale per la sua attuazione. Ma, appunto, uno strumento. Importante, anzi fondamentale, ma non è il solo.

Il potere economico, finanziario, mediatico e, non ultimo, militare, che lo supporta usa l’€uro come leva. Ma il diritto, la politica, il ricatto, la forza, la disinformazione, il controllo sociale sono strumenti anch’essi, flessibili e adeguatamente rapportati allo scopo.

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Punti di vista


1)

Improvvisamente un giorno arrivi sul Gange, a Varanasi, e lì ti rendi conto che la tua scala di priorità inizia a scricchiolare.
Capisci che con quello che hai speso per l’ultima pizza, a casa, lì una madre può mandarci i figli a scuola per mesi.
Soltanto a Varanasi puoi capire cosa sono veramente i colori, che cosa sono gli odori, cosa può dire realmente uno sguardo.
Un attimo prima sei in un ingorgo e non riesci, a piedi, a levarti da un incrocio in cui sembrano essere confluiti tutti gli esseri viventi e tutti i mezzi del mondo, non riesci a parlare con chi ti sta a un centimetro perché la tua voce è soffocata da rumori che non hai mai sentito.
E un attimo dopo sei sulla riva limacciosa di quel grande fiume che sembra il mare, un mare marrone, e vedi passare sulla superficie il cadavere di una pecora.
E non capisci dove sia la sacralità di questo fiume finchè non ti accorgi, all’alba, delle migliaia di pellegrini che sono arrivati qui, dopo giorni di cammino, per bagnarsi in quelle acque puzzolenti.
E tutto diventa arancione.
E allora ti rendi conto che credere è qualcosa di diverso da quello che ti hanno sempre insegnato; credere è credere e basta, è non vedere e non sapere, ma lasciarsi semplicemente andare senza cercare di capire, è un’esplosione di colore, è un canto infinito che non sai da dove arriva, è una colonna di bufali che fanno il bagno, è l’immensa scalinata del ghat ricoperta di abiti stesi lì ad asciugare, è le collane di fiori bianchi e fucsia che ti stanno tutte intorno, è gli ombrelloni di bambù con sotto bramini vecchissimi, che ti benedicono tra i fumi dell’incenso, è il negozio del barbiere fatto solo di uno specchio, di un pennello e di sapone lì all’aperto, in mezzo al nulla, in mezzo a tutto.
A Varanasi ci sono gli dei, ce ne sono migliaia e ti sembra di sentirli, sbucano sorridenti da minuscoli tempietti in ogni pertuglio e ti accompagnano lungo il tuo cammino nelle strade strettissime, che se incontri una mucca devi per forza tornare indietro.
A Varanasi ci sono le donne colorate, sedute sulla soglia delle loro case fatte di nulla, che intrecciano fiori o puliscono verdure o si limitano a stare lì.
A Varanasi ci sono i bambini belli, con gli occhi neri giganteschi e i denti bianchissimi, scalzi, vestiti di stracci, nudi di stracci, che giocano con l’aria.
A Varanasi, al crepuscolo, ci sono le cremazioni all’aperto sul fiume, le pire incendiate che ti rapiscono, e non riesci a non guardare le persone che bruciano lentamente tra le fiamme alte e che quando la pelle e la carne ormai non ci sono quasi più, vengono ripiegate su se stesse, come maglioni, e i resti, anche quei resti, vengono gettati nel Gange, così pieno di morte, così pieno di vita.
A Varanasi, la sera, ci sono le cerimonie di investitura dei nuovi bramini, con le preghiere, l’incenso, i fuochi e le luci di mille candele appoggiate sul fiume.
A Varanasi non c’è la speranza, c’è lo svegliarsi alla mattina per arrivare a sera, senza nulla nel mezzo.
Te ne devi andare da lì se non vuoi essere rapito, se non vuoi cominciare a desiderare di passarvi il resto della vita, dimenticando per sempre il tubo che gocciola, la bolletta da pagare, l’agenda degli appuntamenti, i compleanni delle amiche, l’autunno, l’inverno, il Natale.

da http://www.tripadvisor.it/ShowUserReviews-g297685-r100628810-Varanasi_Uttar_Pradesh.html:::::::::::::::

2)

Era una notte buia e tempestosa. Sul serio. Questo è l’incipit perfetto per descrivere il viaggio che ci ha portato a Varanasi dopo la tappa di quattro giorni ad Allahabad per il grande Kumbh Mela. In teoria, da programma, dovevamo partire al mattino prestissimoIMG_2495 per goderci poi il pomeriggio ma in India si sa, gli imprevisti sono il pane quotidiano. Dopo la sveglia alle 2 del mattino per vedere e fotografare il bagno rituale e i naga sadu correre con le chiappe al vento siamo tornati al campo tendato per aspettare le 10 di sera perchè, in teoria, il traffico ad Allahabad doveva essere chiuso fino a quell’ora. Evviva, un pomeriggio intero buttato nel bidone. Così ci siamo messi lì buoni buoni ad aspettare in tenda, sotto una pioggia battente. Non riesco davvero a immaginarmi cosa poteva esserci al Kumbh Mela se già quando il sole spaccava i sassi si doveva camminare su una melmosa poltiglia…
Il capo villaggio (che sicuramente non sarebbe stato preso in un villaggio Valtur per l’animazione data la simpatia e il tentativo di fregarci facendoci pagare qualsiasi cosa…) è venuto ad avvisarci che potevamo partire prima, verso le 5:30… Alle 7 siamo riusciti a metterci in macchina. Tempi indiani. L’autista é il vero rincoglionito che con una macchina da 7 posti cerca di stiparci in quattro nel sedile dietro tenendo larghi i bagagli e i due sedili in fondo chiusi. Un genio. Abbiamo dovuto spiegarglielo noi e, ovviamente, spostarci da soli i bagagli e aprire almeno un sedile. Aahhhh quanto ci manca Dave-che-ho-scoperto-chiamarsi-Raj. La prima cosa che dice (e che continua a ripetere) è “no english, no english” e questo è senza ombra di dubbio il peggiore degli inizi, se poi ci si aggiungono le strade dissestate, il traffico, il buio pesto e soprattutto il diluvio direi che abbiamo tutti gli elementi per un gran bel viaggio di merda.
Incastrata tra uno zaino e una valigia coperta da un asciugamano sono riuscita ad addormentarmi per un po’ nonostante le strombazzate e le frenate… Credo pesassero molto di più le due misere ore di sonno della notte precedente.

Nel tragitto siamo stati fermi nel buio più o meno mezz’ora, non per un incidente o per un ostacolo in mezzo alla strada. No, solo perchè due macchine si erano incastrate e non sapevano più come fare! Cioè, INCASTRATE!

Il primo impatto con Varanasi è stato piuttosto traumatico. A parte il fatto che al posto di 2 ore e mezza ne abbiamo impegate 5 e mezza…
Il tassista ovviamente voleva scaricarci al primo incrocio di questa città lercia da morire con poliziotti (?) armati ovunque e scappareIMG_2511 più lontano possibile da noi. Poliziotti che hanno fatto spostare la macchina mentre cercavamo la guest house tra gli stretti vicoli del ghat perchè “non puó stare davanti al tempio, c’è la discoteca”. Prego?
Ci fai togliere la macchina perchè c’è un palco da giostrai con su 6 o 7 maschi che ballano house indiana?!
No comment. Ma forse questi sono solo commenti stanchi e affaticati di gente che ha dormito due ore e che si fa rimbalzare per ore su un’auto indiana con le sospensioni a puttane.
La Teerth guest house è davvero introvabile, per arrivarci non so nemmeno come Gianni e Riccardo ci siano riusciti: neanche in un gioco della Xbox i vicoli sarebbero potuti essere più stretti, pieni di mucche (e loro regalini), polizia e luci rotte. Nonostante le buone recensioni il letto era lurido, la coperta pure e sulla tazza del water ho passato 4 volte l’amuchina. Ma poco importa… Siamo a Varanasi e la stavamo aspettando da così tanti giorni che riusciamo a dimenticarci di tutto il resto.

Sveglia. Piove. Mettiamo tutti i vestiti che abbiamo in valigia, ci buttiamo nei vicoli dietro ai ghat e scegliamo la colazione più occidentale che riusciamo a trovare. La buca per i turisti: Brown Bread Bakery.

Per un attimo impazzisco: torta di mele, cheesecake, torta di yogurt, pane e marmellata, muffin al cioccolato… volevo prendere tutto. TUTTO. E quindi parto con le mie richieste: brioches alla crema “mmmhh… no”, muffin “mmmhhh… no” torta di riso” mmhhh. Alla sesta richiesta gli ho domandato che cavolo di torte avesse. “Apple!”. Andata.  Facciamo colazione con calma, con uno strudel (il concetto di torta non era chiarissimo evidentemente) e un chai. Litri, di chai. Che oltretutto ho chiesto appellandolo come “Chai tea latte” facendomi ridere in faccia da Gianni che mi ha fatto notare che quello è il nome di Starbucks.

Tiriamo su dai cuscini umidicci del locale le nostre stanche membra e ci dirigiamo verso la parte più interessante della città: i ghat.

IMG_2605Non prima di essermi ribaltata dalle scale, ovviamente. Complici le scarpe infangate e le scale bagnate sono franata per mezza rampa di scale. Stordimento. Livido ENORME sulla chiappa. Varanasi mi odia già.

I ghat, le splendide scalinate che portano al Gange, sono il fulcro spirituale della città: ci si lava, si prega, ci si purifica e ci si fa bruciare. Perchè la cosa più curiosa della città è senza dubbio poter vedere i funerali che si svolgono a bordo fiume. In effetti non è da tutti i giorni poter vedere bruciare cadaveri secondo tradizione…

Mentre camminiamo verso il fiume ci imbattiamo in almeno tre cortei funebri, con i parenti che cantando litanie accompagnano corpi portati a spalla avvolti in tessuti preziosi. Anche sotto una pioggia battente.

Ci siamo fermati sotto una tettoia, una signora che approssimativamente poteva avere tra i 120 e i 160 anni guardando le rughe ci invita ad entrare nel suo negozietto per ripararci dalla pioggia. Aspettiamo in un angolo, ci sorride e ci chiede se ci interessa qualcosa in vendita. Qualche quaderno, bustine di shampoo, due o tre lattine dentro un frigorifero praticamente vuoto. Stava lì, ci guardava, contenta che fossimo dentro il suo negozio che era anche casa sua “My house, my house”. Mi faceva una tenerezza infinita. Ho comprato qualche shampoo. Non voleva niente di più, era solo contenta che fossimo lì con lei.

IMG_2556Ci dirigiamo verso il Manikarnika Ghat, il luogo principale in cui avvengono le cremazioni, e in tempo zero siamo stati assaliti da procacciatori di affari che volevano farci avvicinare per fare qualche foto da vicino. Ovviamente i nostri soldi sarebbero stati dati alle famiglie per pagare il funerale e non se li sarebbero intascati loro… Non sia mai. Fregatura per fregatura chiediamo il prezzo. Siamo 5, ci chiede una cifra che si aggira intorno ai 50 € a testa. Una follia. Tanto per dare le proporzioni, in India puoi tranquillamente cenare con 3/4 euro e riempirti abbondantemente la pancia. Stiamo un po’ al gioco, vediamo dov’è il margine di trattativa. Diciamo che è ok ma che i soldi vogliamo darli direttamente ai familiari del defunto. Non sia mai, loro non possono! Sono troppo tristi per parlare ed accettare dei soldi. O a loro, o niente. Ritratta, 5 € ogni scatto che facciamo. Salutiamo, io come al solito dopo i suoi insulti e le maledizioni mi incazzo perchè l’amico tira fuori il karma e ci dice che saremo puniti visto che non diamo soldi a lui e alla vecchietta che veglia sulle salme (in un luogo di cui non ho capito bene la funzione… celle? Forni?). Gli chiedo dov’è tutta la religiosità nell’insultare della gente a cui cerchi di fregare dei soldi, lui continua a ripetere le sue tiritere, lo mando a quel paese e come al solito mi rendo conto che sono l’avvocato delle cause perse.

Ovviamente Mr. Pragmatic cerca la soluzione alternativa: se non si può arrivare ai ghat da dietro, perchè non farlo da davanti, viaIMG_2668 acqua? Noleggiamo la barca ad una cifra accettabile (circa 20 euro per un giro di un’oretta avanti e indietro sui ghat), e anche se ogni tanto spioviggina riusciamo comunque a goderci uno spettacolo incredibile.

La legna viene pesata accuratamente per determinare il costo della cremazione, i pali di legno impilati con attenzione. Più le pire sono alte, più la famiglia è facoltosa e può permettersi un grande falò, e per chi non può permettersi nemmeno la cremazione c’è comunque la possibilità di riposare in eterno dentro il Gange: vengono legati ad una pesante pietra e poi lasciati scivolare fino al letto del fiume. Mentre osservavamo silenziosamente il rituale, guardando i corpi bruciare non riuscivo a togliermi dalla testa un’immagine: Il letto del fiume in quel tratto. Cazzo, altro che Dexter! Calcolando il livello economico e che solo nel ghat principale vengono bruciati circa 200 corpi al giorno, quanti cadaveri ci saranno lì sotto?

E’ un po’ agghiacciante, ammettiamolo. Soprattutto nella stagione più calda, dove piove meno e qualche corpo si stacca dalla pietra e riaffiora. Credo sia agghiacciante. Senza mezzi termini.

Dopo tutto questo piacevole spettacolo decidiamo di… andare a pranzare! Perchè evidentemente dei corpi carbonizzati davanti ai nostri occhi non intaccano minimamente la nostra voglia di pollo tandoori. Optiamo per il Dolphin restaurant, sul tetto di un albergo (mettete in conto 6 rampe di ripide scale senza la possibilità di prendere un ascensore… Almeno coadiuva la fame!), il cibo buono, il personale mediamente gentile.

La pioggia continua ininterrottamente, a differenza della temerarietà solita decidiamo di riposarci, prendercela comoda e passare il pomeriggio sorseggiando chai e mangiando dolcetti nella Bakery, dove incontriamo un gruppo di italiani in viaggio spirituale. Decisamente interessante.

Tutto quello che seguirà dopo questa riga potrà essere definito il mio incubo formato India.

C’è chi dice che ho fatto troppo la furba e ho detto troppe volte che non ho mai avuto problemi di dissenteria, vomito o affini: la verità è che ho sempre mangiato qualsiasi cosa, a qualsiasi bancarella dalle mani di qualsiasi persona e non ho mani avuto nessun tipo di problema. Fino a Varanasi.

La sera io e Gianni decidiamo di tornare a mangiare qualcosa al Dolphin, usciamo dalla panetteria e ci dirigiamo verso il locale in cui avevamo anche pranzato. Il vento era terribile, fortissimo e gelato. Il ristorante stava chiudendo e abbiamo, quindi, mangiato in un quarto d’ora (e già questo è fuori dalle mie abitudini). Usciamo, vento e pioggia. Una notte da incubo, congestione.

Mi sono rotolata nel letto tutta la notte senza pace, ho riproposto la mia cena al water dell’ostello. E’ incubo. Blackout.

La mattina sono, per la prima volta in vita mia, rimasta a letto. Senza forze e a distanza ravvicinata da un bagno. Non so bene come siamo arrivati prima in aeroporto e poi a Calcutta. Mi sa che Varanasi sarebbe tutta da rivedere.

E’ una città dal fascino strano, mistico, è come un’India diversa dentro l’India già vista, come se fosse un mondo a parte, più chiuso e comunque dalle tradizioni strabordanti e visibili. Varanasi ti frulla l’anima.

da http://scusateiovado.com/tag/cremazione/

 

Mi sarei anche stufato di avere ragione


I risultati elettorali presentano due dati evidenti: l’astensione e la vittoria del centrosinistra. Gli elettori di quest’ultimo schieramento hanno un maggiore senso civico e/o attaccamento alla maglia, quindi vanno a votare e consegnano le amministrazioni di molte città a quello che sembrava essere la compagine uscita peggio dalle politiche di febbraio, gli ex di centrodestra e/o m5s a febbraio non si scomodano, sapendo che nulla cambierebbe in ogni caso.

Questi dati indicano una situazione fluida di delusione e conseguente dispersione, ma potrebbe essere anche come una molla che si sta caricando.

L’astensione può essere cinica e disincantata, ovvero semplicemente si ignora la politica e si pensa al proprio microcosmo, e può essere una forma, sia pure priva di sbocco, di protesta. Nel primo caso bisogna però starsene abbastanza tranquilli in quel proprio microcosmo, e oggi siamo in una situazione in cui se sempre di più questa tranquillità viene erosa e rimpiazzata da insicurezza.
E’ un astensione quindi che non ignora la politica, ma la guarda con astio crescente, rabbia e senso di frustrazione.

Una molla che si sta caricando nel senso che questi voti rimasti fuori a guardare non sono disinteressati. Al contrario potrebbero spostarsi repentinamente verso chi sarà in grado di parlare alla loro necessità di rivalsa.

Se qualcuno, chiunque sia, riuscisse a trovare gli argomenti giusti per liberare quella molla ne avrà una spinta tale che lo proietterà al potere con un solo colpo e quanto più la rabbia in giro continuerà ad aumentare tanto più avrà carta bianca per gestirlo, quel potere.

E’ come una pistola col cane alzato.

Il punto è: chi può premere il grilletto?

Potrebbe in realtà non essere necessario e la situazione nella sua instabilità essere perfetta così.
I due “clown”, come sono stati chiamati in europa Berlusconi e Grillo sono stati confinati e il loro consenso eroso.
Il fatto che si dividano i pochi voti rimasti è un bene. Si indeboliscono a vicenda.

E sono entrambi abbastanza sputtanati da non rappresentare un polo di attrazione credibile per buona parte dell’astensione.

Molti italiani che pure stanno aspettando il santo cui votarsi non possono tornare (o iniziare) a fidarsi di Berlusconi dopo ventanni di bugie.

Grillo, in parte per via della forsennata campagna mediatica contraria ma molto per demerito proprio, fra contraddizioni strutturali e discorsi confusi, è sulle sue orme.

Il paese non è in grado di produrre una nuova classe dirigente all’altezza del momento storico. E nemmeno la vecchia è in grado di riciclarsi.

E allora?

Allora niente.
I poteri che hanno buttato fuori Berlusconi dal governo del paese nel 2011 mettendoci Monti al suo posto e che contavano su un dopo Bersani-Monti hanno recuperato in parte la situazione. Non a caso è riapparso Bersani a rivendicare la vittoria.

Berlusconi che sembrava essere stato il vero vincitore del post politiche di febbraio è messo alle strette processualmente e perde forza con questi risultati elettorali.
Il cavaliere potrebbe essere tentato di rovesciare il tavolo.
Politiche e amministrative sono due cose diverse. Le campagne elettorali in cui è lui direttamente a concorrere possono avere ben altri risultati.

Ma deve fare in modo che la “colpa” non ricada su di lui, perché la caduta del governo diventerebbe un ulteriore alibi per il centro sinistra e un handicap per il centro destra.

Grillo sembra incapace di cambiare marcia. E’ imballato da febbraio. Le sue politiche anziché aprirsi in una logica propositiva si stanno chiudendo sempre di più. Forse ormai irrimediabilmente. Il personaggio ha perso forza e credibilità, quell’aura di conquistatore travolgente che lo avvolgeva nello tsunami tour è scomparsa, mostrando impietosamente la pochezza che c’era dietro.

Ora che è ridimensionato e sotto controllo gli attacchi forsennati dei media cesseranno. Perché fa comodo che esista e tenga in una riserva sterile parte dell’elettorato.

Quindi?
Niente. Va bene così.  Non per noi, ovviamente, ma per loro.

E c’è sempre quel grilletto da tirare. Nel caso occorresse.
L’uomo forte i media possono sempre inventarlo dal niente. Noi no.

 

Chi può scendere scenda. Chi ha il salvagente se lo metta.

Per ripararsi dal redde rationem prossimo e inevitabile dobbiamo costruire una rete di solidarietà, anche se il momento, paradossalmente, sembra più invitare a chiuderci ognuno fra le mura della propria casa, meglio se con un po’ di scorte e bene armati (è una metafora).  Parenti, amici, conoscenti… una rete che diventerà fondamentale, per molti motivi.

La Grecia anche in questo insegna.

Non usciremmo da questa situazione senza grandi sofferenze.

Scusate se vi sembro pessimista. Cancellatevi dal blog. Non leggetemi se vi faccio venire cattivi pensieri.

Certo a qualcuno questo discorso sembrerà esagerato. Ma sapete, la realtà appare diversa a seconda del punto di vista da cui la si guarda.

Su un bel po’ di considerazioni il mio pessimismo è stato negli ultimi anni anche troppo ottimista, visto poi come sono andate le cose.  Mi sarei anche stufato di avere ragione. Felice di essere smentito.

Che ve lo dico a fa’


«(…) un capannone di 2mila metri quadrati in un’area industriale milanese a giugno 2012 ha versato quasi 12.100 euro, con un’impennata dell’82,4% rispetto a quanto chiedeva l’Ici. Il conto da pagare nelle prossime settimane sale invece oltre quota 18.250 euro, con un nuovo aumento del 51,1% rispetto a 12 mesi fa e un super-aumento del 175,6% rispetto ai tempi della vecchia Ici»

(dal sole24ore articolo gianni trovati) http://phastidio.net/2013/05/09/dove-limu-e-realmente-letale/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+phastidio%2Flhrg+%28Phastidio.net%29

Un capannone di 2000 mq per una normale attività artigiana tipo officina, fabbro, falegnameria, sito in periferia lo scorso anno a Roma pagava circa 20.000 € di Tarsu. Dicono che la TaRes aumenti di molto queste tariffe.

Siamo a circa 38.000 euro di tasse da versare sulla pura proprietà, per un capannone di 2000 mq.

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Piddini, basta! ma ce l’avete un po’ di dignità?


Non se ne può più del tormentone dei piddini in questi giorni.  E’ un vero e proprio stalking. Come quelli che scrivono sui muri “tu mi ami solo che ancora non lo sai” e insistenti come incubi aspettano sotto casa la mattina, telefonano, insultano, pregano, danno in escandescenze, promettono, minacciano.

Tutto quello che non hanno fatto in 20 anni sembra che debbano assolutamente farlo adesso, e per forza con il M5S.

Non conosco la psicologia di un stalker, ma capisco che il complesso di superiorità della sinistra è alla base dell’ossessionata certezza che non gli si possa dire di no.

Lo stesso complesso di superiorità che l’ha portata per decenni ad una sudditanza culturale nei confronti del berlusconismo, dal quale non è mai stata in grado di affrancarsi, quasi che il berlusconismo connotasse i confini della barbarie, inconoscibile, e al di qua, fosse il territorio della civiltà.

Il PD, gli elettori del PD, hanno passato gli ultimi ventanni ad identificarsi nel codice dell’antiberlusconismo. In quell’al di qua che non c’era bisogno di identificare. Pieno di certezze di progressismo, equità sociale, superiorità morale.

E così, in questo modo, hanno per ventanni evitato di interrogarsi seriamente su chi e cosa fossero. Su cosa stessero facendo. E oggi per questo non si rendono conto – non li sfiora nemmeno per un attimo il sospetto – di essere il corrispettivo del berlusconismo. Di rappresentare nella dialettica sociale la tesi, e l’uomo di arcore l’antitesi, ma che il sistema che sta crollando di questa dialettica è la sintesi.

Loro, gli elettori del PD, pensano in buona fede di volere il cambiamento. E non riescono a capire, proprio non ci arrivano, che qualcun altro che dice di volere il cambiamento possa voler non aver nulla a che fare con loro.  Non capiscono e hanno la sensazione di trovarsi di fronte ad una cieca e sorda ostinazione. Il non capire porta frustrazione, senso di impotenza. Per questo insultano, urlano, accusano:  gli attivisti ed elettori M5s sono robotizzati, microchippati, nella migliore delle ipotesi, stupidi.

Allora, elettori del PD, quelli in buona fede dico, pensate un momento di guardare al vostro partito non come possibile cura alla malattia, ma come malattia. Non come possibile alleato nel rinnovamento del sistema, ma come SISTEMA.

Riuscite a percepire come da questo punto di vista le cose inizino a diventare più comprensibili?

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Il Sogno Europeo


La prima volta che passai una frontiera e vidi i caselli vuoti e le sbarre alzate, le garritte chiuse ero a Venlo. Al confine fra Germania e Olanda. Passando per la Svizzera avevo subito i controlli di rito: l’attesa in coda, la consegna dei documenti, il controllo. Gli svizzeri avevano controllato anche che avessi delle lampadine di riserva per i fari della macchina.
Era il 91, una giornata fredda e grigia. Mi fermai e scesi.

Avevo da poco finito di leggere un libro sulla Seconda Guerra mondiale e mi ricordavo The Venlo Incident una sparatoria fra lo spionaggio inglese e quello tedesco, dove era morto un maggiore inglese, proprio lì. Alcuni mesi prima che le forze naziste, precedute da bombardamenti e truppe avio trasportate passassero la frontiera proprio lì, attaccando la neutrale Olanda e infiammando inevitabilmente l’intero continente, con l’entrata in guerra in catena di Francia, Inghilterra, Italia…

Mi guardavo attorno. Passava una macchina ogni tanto e molti camion.  Un posto militare vuoto fa uno strano effetto. E anche vedere qualcosa di cui hai sentito vagamente parlare nei mesi prima: Schengen. Che dal nome doveva essere un altro posto da quelle parti. L’abolizione progressiva delle frontiere fra gli stati membri della Comunità Europea.

Cinquantanni dopo la guerra non c’erano più frontiere. La commozione mi assalì all’improvviso, inumidendomi gli occhi. Respirai a fondo e risalendo in macchina era già passata. Ma era una bella sensazione quella di vivere in un momento importante della nostra storia.

Il sogno europeo che andava diventando realtà. One People, One Nation? sì, perchè no?

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