Il libri e le coincidenze


Il Monte Rosa, dalla Cresta Sud 25.09.2005

(2006)

Un libro non può cambiarti la vita, no. Però casualmente può innescare delle catene di avvenimenti che magari in qualche modo, si, forse cambiano la tua esistenza. Oppure, semplicemente,  poi possiamo dire: "è tutto iniziato da quel libro".

Da una bancarella sulla via Appia, presi anni fa, casualmente, un libro che parlava di un alpinista: Ettore Castiglioni.  Lo comprai pensando ad un elenco di salite dolomitiche, in Civetta, in Brenta. Insomma racconti di alpinismo. Ogni tanto lo vedo, con la sua copertina azzurra, ancora lì, nella mia libreria: "Il vuoto alle spalle".

Invece parlava del Castiglioni alpinista solo di sfuggita, perché raccontava gli ultimi anni della sua vita, quando dopo l’8 settembre il Capitano Castiglioni divenne partigiano, fino a morire di questa scelta.

Avevo appena iniziato a leggerlo ed ero un po’ deluso, perché avevo capito che non era quello che mi aspettavo.  Poi, per una serie di circostanze mi capita d’incontrare e fare una lunga chiacchierata con una persona che fu una figura importante nella resistenza e poi, dopo di allora, della sinistra italiana. Una persona che stimo moltissimo.
E parlandoci, scopro che è il nipote di Ettore Castiglioni. Che da ragazzino andava in montagna con lo zio. E mi racconta degli aneddoti.

Che strana coincidenza.

Allora riprendo in mano il libro e continuo a leggerlo con altro spirito.
Parla di Castiglioni partigiano, parla di luoghi che io assolutamente non conosco: Valpelline, Ollomont, Glacier, Fenetre Durand, il Monte Berio.
Me li cerco sulla cartina. Sono in Valle d’Aosta, dove non sono mai stato. Allora mi prende la curiosità di vedere quei luoghi descritti nel libro.

A me capita, a volte, di ripercorrere fisicamente i luoghi dei libri che amo. Cercando di riconoscere dalle descrizioni una casa, una chiesa, una curva o una collina. E’ una strana emozione.
Ecco. Avrei voluto fare questo. Ma chissà come e quando. Sono quelle cose che pensi e metti là, in un angolo della tua testa.

Cercando quei nomi sulle carte, mi tornava davanti il nome di una montagna: il Grand Combin. Una montagna che io non avevo mai sentito nominare. Scopro che è una montagna alta oltre 4300 metri. Uno dei giganti delle Alpi, eppure  molto poco noto. La cui salita, dal versante italiano, quello di Ollomont, è anche lunga. E, per questo, assai poco frequentata.

Ne leggo un po’ e mi affascina, quella montagna. Mi pare come di averla scoperta io. Per strade del tutto mie.
Su internet non c’è praticamente niente. La prima pagina che ne parla è la mia. Quella che faccio raccogliendo tutto quello che posso su di essa.

Poi conosco una persona. E’ di quelle parti.
Le parlo del mio progetto di salire quella montagna che però non ho mai visto.
Mi dice: "che coincidenza! quando esco da casa, al mattino, vedo il Grand Combin".
E per me lei diventa immediatamente "diversa".

Già. Le coincidenze. Quelle che Milan Kundera indicava con una frase che ricordo a memoria, dopo tanti anni: "gli uccelli delle coincidenze si erano posati sulle sue spalle" quando Teresa incontra Tomas, nel libro "L’insostenibile leggerezza dell’essere."

C’è un altro anello della catena davanti a me.
Un passo avanti in una storia che quando sembra stia per finire scopro improvvisamente, casualmente, che esiste un altro capitolo, da qualche parte.

E mi innamoro di questa persona.
No, non per il Combin certo. Ma perché  non potevo che innamorarmene e basta. Perché c’era qualcosa, dentro me e lei, che si riconobbe e si strinse forte.

Ci sono cose che incontri mentre vivi,  che sono come metafore.
Quasi segni del cielo che abbiamo perso la capacità d’interpretare perché andiamo sempre troppo di fretta.

Io mi ricordo una strada. Ma ero troppo preso da quella meraviglia che avevo accanto per capire. Chi se ne è accorto del segno?
L’autostrada. Un lungo tratto diritto in discesa, un viadotto e poi in salita. In fondo alla discesa, a coprire il viadotto, una nuvola. Un grosso banco di nebbia in cui la strada sembrava finire dentro, per poi uscire risalendo dall’altra parte.

La macchina continuava a correre, verso la nebbia, accompagnata dalle nostre esclamazioni di meraviglia.

E’ così che ci capita nella vita a volte. Mentre ne parliamo lei avviene.  E noi non ce ne accorgiamo.
E così quel giorno mentre ci dicevamo, guarda che spettacolo, eravamo già dentro la nebbia e non facemmo in tempo nemmeno a scattare una fotografia.
Perché la vita quando meno te lo aspetti è veloce, ti tira dentro e tu solo quando ricordi hai il tempo per capire.

Ci siamo entrati in quella nebbia.
Abbiamo respirato quella nebbia. E quando ne siamo usciti l’abbiamo messa nei ricordi. Eppure dopo ho capito che era un segno.

Chissà se lei la ricorda, la nebbia, quella mattina?
Stavamo andando a Finale, a scalare. Era la prima volta ed eravamo senza guida e non conoscevamo nessuno. Ci prese il sole, il caldo, il colore del mare. Andammo a caso su una parete, alla scoperta. E poi in giro per il paese, a guardare.
E chi ci pensava alla nebbia, a Finale. Eppure c’eravamo entrati.

E l’albergo. Lo ricorderà lei, l’albergo?
Quella stanza dalla luce gialla, il bagno ricavato, forzato in quel poco spazio. Il letto alto, con quei materassi duri a tenere le reti buone ormai per i muratori, per vagliare sabbia. Io e lei sul letto a guardarci e non sapere cosa fare. Per la paura di rovinare qualcosa che sembrava troppo grande per noi.
Ma con nessuna intenzione di andarsene da lì, finché un po’ di coraggio non fosse venuto, dalla nostra testa alle nostre mani. Per toccarci e stringerci.
E scoprire che eravamo fatti per stare abbracciati.

Lei fra le mie braccia, stretta, protetta. Quasi nascosta. Quieta. In attesa di niente.
E il niente arrivava, con i baci. Ché non sapevi quanto tempo fosse passato, in quel bacio.
Sembrava che altre vite, altre esistenze, si ritrovassero in quei baci. Non capivamo.
Ma era tutto quello che volevamo.

Insieme a lei andrò a camminare per Ollomont, a Glacier, a vedere i posti del libro, a guardare negli occhi i vecchi che forse erano giovani allora, ai tempi della storia.

E insieme proveremo a scalare il Combin.
E non ci riusciremo.
Una metafora, ancora una volta.
Perché non riusciremo nemmeno a restare insieme.


sul ghiacciaio 24.09.2005

Allora ci proverò da solo, dopo. E rinuncerò ancora, quasi in vetta.
Forse non aveva senso per me, senza di lei.

Per questo mi rimane un po’ la sensazione di qualcosa che ancora deve compiersi.

Mi chiedo se debba continuare a scorrere gli anelli di quella catena.
Mi chiedo se debba pensare ancora a scalare il Combin, oppure no.
E se la storia fra me e lei è finita. Oppure no. In altre forme, forse.

Non sono più uscito da quella nebbia. Mi ci sono perso. E la montagna è ancora là.

Ho un dubbio: io mi sento in pace, con quella montagna. Anche se ho rinunciato a salirla.
Mentre al buio, da solo, su una sua parete a quasi quattromila metri aspettavo l’alba… sono stato felice. E questo forse mi basta.
Che può darti di più, una montagna, di un momento di felicità?

Forse era questo e basta, quello che doveva darmi. Così come quell’amore: un attimo di felicità.

Però… forse non è così.
Chissà se l’anello si è ormai definitivamente aperto. O chiuso.
Attendo un segno, che forse non arriverà mai.
Un segno che forse un giorno troverò in un altro libro. O chissà…
forse la nebbia si alzerà, forse.

lungo la salita 25.09.2005

3 thoughts on “Il libri e le coincidenze

  1. Roberto … da come ne parli mi verrebbe da dire "No .. non è chiuso …il cerchio ! Ne quello che ti porterà su Gran Combin (che pur essendo Torinese davvero non conoscevo!) , né quello che parla di LEI " …ma questo è solo quello che ho "respirato" leggendo …e forse , come un pò tutto in questo mondo virtuale , è solo quello che mi piacerebbe , quello che il mio spirito combattivo e il mio cuore romantico vorrebbero credere!In ogni caso mi sento di dirti questo ….SARAI TU A SCEGLIERE SE CHIUDERE O NO IL CERCHIO … I CERCHI….tutto quello che facciamo , in modo esplicito o no , parte da noi , dal nostro modo di essere !Un libro può solo aiutarti a comprendere qualcosa che è sempre stato lì …forse solo non eri pronto per guardarlo!BUONA SCALATA ….metaforica e non!

  2. Grazie del tuo commento, Erika.  Un libro, una persona, un oggetto qualsiasi… attirano la nostra attenzione, ci fanno deviare dal percorso che stavamo facendo e la nostra traiettoria successiva ne sarà influenzata. Quanto e come, solo poi, sarà possibile capirlo. Io le chiamo "le catene degli eventi". A volte si dipanano per settimane, mesi, anni; a volte in pochi istanti. In fondo non sono niente altro che il tessuto della nostra vita.

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